Arts
[WM1:] Nel primo pomeriggio dell’11 settembre 2016, mentre l’America commemorava il quindicesimo anniversario dell’attacco terroristico alle Twin Towers (un’immane strage di civili, di proletari), io e il pianista e polistrumentista Fabrizio Puglisi siamo saliti sul palco dell’Auditorium Monteverdi, la sala concerti del conservatorio «Lucio Campiani» di Mantova, e abbiamo improvvisato insieme.Tutt’intorno, e anche tra quelle pareti, c’era la ventesima edizione del Festivaletteratura.Voce, pianoforte, pianoforte preparato… e il «rombo», uno strumento semplice e antico, pervenutoci dalla Magna Grecia. Non avevamo fatto prove, ma sapevamo di essere in sintonia. Ho letto il cap. 2 del mio vecchio romanzo New Thing (Einaudi, 2004), intitolato Non puoi odiare le radici senza odiare l’albero; Fabrizio ha cucito rumori e lacerti di Thelonious Monk, Cecil Taylor, Otis Spann e variazioni su Lift Every Voice and Sing, l’inno nazionale afroamericano.Avevamo chiamato la performance We Insist!, chiaro omaggio alla Freedom Now Suite di Max Roach, e avevamo aggiunto tra parentesi: For Emmanuel Chidi Namdi, per ricordare Emmanuel, più volte vittima del neofascismo e del putridume razzista italiano.Perché, se non si è capito, si parlava del razzismo. O meglio, contro il razzismo.